venerdì, gennaio 30, 2009

Il PD ribadisce il mancato sostegno alla CGIL

Tagliare le pensioni per finanziare la cassa integrazione di quelle lavoratrici e quei lavoratori che, con l'incedere della crisi, perderanno il proprio posto di lavoro e che oggi non hanno diritto ad alcun ammortizzatore sociale.

Con la disponibilità a discutere una simile proposta – fatta attraverso una intervista al Sole 24Ore – Veltroni si allinea ed entra in sintonia tanto con il governo quanto con la Confindustria.

Il tentativo sfacciato è quello di far ricadere i costi della crisi non su chi l'ha prodotta, ma sulle lavoratrici e sui lavoratori, contribuendo a scavare la fossa alla Cgil, sempre più isolata.

Veltroni chiede alla CGIL di diventare 'moderna' e di sacrificare sulla strada delle compatibilità (che significa un sindacato a-conflittuale ed addomesticato) quelli che il PD considera arroccamenti e pastoie del passato.

Intanto, secondo il segretario confederale della Cgil Agostino Megale, con la "riforma truffa" dei contratti firmata da CISL e UIL, dal 2004 al 2008 compreso i lavoratori avrebbero perso altri 1.352 euro (circa 300 euro l'anno) se gli aumenti contrattuali e i recuperi del tasso d´inflazione fossero stati calcolati con le nuove regole (perdita da sommare al mancato recupero del potere d'acquisto di questi anni!).

E per le imprese? Ovvio... ci sarebbe stato un guadagno di 15-16 miliardi!

domenica, gennaio 25, 2009

La complicità tra Confindustria, Governo, Cisl e Uil



Firmato l’accordo separato sulla riforma del sistema contrattuale. La gravità dell’attacco ai diritti richiede lo sciopero generale.
Come prima risposta la Rete28Aprile opera affinché allo sciopero del 13 febbraio delle lavoratrici e dei lavoratori metalmeccanici e pubblici, con manifestazione nazionale a Roma, partecipino altre categorie e altri luoghi di lavoro. E’ necessaria una lotta lunga e duratura, perché la rottura è di una gravità senza precedenti e mette in discussione i principi fondamentali dell’iniziativa sindacale e dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.
L’accordo della complicità apre la via alla distruzione del contratto nazionale e alla totale flessibilità del salario; minaccia ancora di più la salute dei lavoratori con il vincolo della produttiva del salario; estende la precarietà e l’incertezza dei diritti.
Si apre così una fase nuova nella quale bisognerà rovesciare l’accordo categoria per categoria, luogo di lavoro per luogo di lavoro. Vogliono eliminare il conflitto sociale; invece dovranno raccoglierne una quantità tale da sconfiggere il loro disegno di far pagare integralmente la crisi al mondo del lavoro.

sabato, gennaio 17, 2009

Decreto anticrisi inadeguato. Chi ci rimette è il lavoro.

Il 50% del totale dei dipendenti italiani (non considerando il pubblico impiego) non ha diritto a nessuna misura di sostegno al reddito. Lo studio dell'associazione artigiani e piccole imprese (Cgia) di Mestre, mostra tutta l'inadeguadezza del nostro sistema di ammortizzatori sociali. Oltre a quella del cosiddetto «decreto anticrisi» del governo che non stanzia un euro in più per fare fronte alla gravità della crisi.



Il 2009 sarà un anno recordo di cassa integrazione, ha detto il presidente dell'Inps alcuni giorni fa, soprattutto di quella «ordinaria» (che si applica ai settori dell'industria, dell'edilizia e dell'agricoltura e che risponde a crisi di carattere transitorio) e di quella «in deroga» (che si applica a quei settori e tipologie di aziende che a norma di legge non ne avrebbero diritto). Solo a dicembre le richieste di cig sono aumentate, su base annuale, del 500%. L'impatto sociale è esplosivo. Per chi ne ha diritto, la cassa integrazione significa campare con non più di 800 euro al mese nella gran parte dei casi. Ma sono in molti a non avere diritto a nessuna misura di protezione. I precari a vario titolo innazitutto - i primi a 'saltare' - una giungla contrattuale che è andata infoltendosi negli ultimi anni e che oggi conta poco meno di 5 milioni di persone: secondo alcune stime sarebbero 350 mila i precari che, per effetto della crisi, ogni mese corrono il rischio di non vedersi rinnovato il contratto.


Ma anche tra i dipendenti sono in moltissimi - la metà del totale, secondo quanto indica l'indagine degli artigiani di Mestre - a non avere diritto a nessuna forma di protezione. La maggior parte di costoro (2,3 milioni) lavora nei servizi e poi, a seguire, nelle piccole e medie imprese del commercio (1,9 milioni), nell'artigianato (889 mila), nel settore del turismo (870 mila tra alberghi e ristoranti), nel credito e assicurazione (544 mila) e nella comunicazione (338 mila dipendenti). Se questo è l'ordine di grandezza dei numeri, appaiono a dir poco inadeguate le misure messe in campo dal governo.

sabato, gennaio 10, 2009

Metà dei lavoratori dipendenti senza cassa integrazione

Roma, 8 gennaio - La possibilità di differenziare la cassa integrazione tra le Regioni e le diverse aree del Paese, contenuta in uno degli emendamenti presentati oggi all'articolo del decreto anti-crisi sugli ammortizzatori sociali, lascia perplesso il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni.
“Che cosa vuol dire CIG differenziata a livello locale. Trattamenti diversi tra lavoratori, magari dello stesso gruppo, secondo l’area geografica o, fermo restando il tetto, si tratta della ripartizione delle quote fra enti pubblici? Si chiede il dirigente sindacale.
Nel primo caso - osserva Fammoni - si introdurrebbero una sorta di gabbie salariali degli ammortizzatori, nel secondo un provvedimento che potrebbe dividere tra regioni ricche e povere”.
“E' patologico invece - prosegue il segretario della Cgil - il continuo ricorso alla minaccia di non corrispondere più gli ammortizzatori ai lavoratori. Se si volesse davvero discutere di effettiva formazione e di congruità del lavoro bisognerebbe aprire questa discussione che latita da anni. La logica evidente per il governo è che invece la colpa della crisi è dei lavoratori e loro devono subirne gli effetti”.
Secondo il dirigente sindacale di Corso d'Italia, ciò che ''manca totalmente sono le risorse necessarie agli ammortizzatori”.
“Vedo, invece - conclude Fammoni - che si sono trovate quelle per gli esercenti che chiudono l'attività tre anni prima della vecchiaia, mentre le risorse aggiuntive più volte annunciate e promesse non ci sono e questo è gravissimo e un ulteriore indice dell’inadeguatezza rispetto alla crisi”.