venerdì, maggio 23, 2008

Detassazione degli straordinari

Il pacchetto fiscale varato dal governo di centro destra contiene la detassazione degli straordinari per i lavoratori dipendenti del comparto privato. Sulle ore lavorate in straordinario il governo ha previsto una cedolare secca del 10%; l'aliquota si applica fino ai redditi non superiori ai 30 mila euro e per un massimo si 3.000 euro. «La detassazione degli straordinari e dei premi di produttività, che è a tutto vantaggio dei lavoratori, è un primo passo significativo per coniugare produttività e salari», ha detto la Marcegaglia.

Considerando gli occupati in CA alla data del 31/12/2007 ed i loro stipendi annui lordi medi


A NESSUN COLLABORATORE CA di Milano è applicabile l'agevolazione.

E dire che proprio in queste ore la Marcegaglia pontifica con frasi tanto ad effetto quanto prive effettiva coerenza: "Rilanciamo il paese", oppure "La crescita zero è la malattia dell'Italia"...

Coerentemente, seguendo la sua stessa logica "mercantile" e le agevolazioni predisposte da questo governo per il mondo del lavoro, dobbiamo concludere che in CA nessuno deve incrementare la propria produttività.

domenica, maggio 18, 2008

La riforma della contrattazione

Come sempre, quando si tratta di temi complessi che sono in grado di "segnare" per molti anni una prospettiva politica, nel mondo del lavoro emergono posizioni contrastanti. E' giusto che sia così, il confronto delle idee è il sale della democrazia; guai se ci si arrendesse all'idea di un "pensiero unico". Nel caso della contrattazione, posto che molte posizioni ritengono che la struttura attuale non può più rispondere alle esigenze dei lavoratori e deve essere superata, posto che le controparti datoriali vogliono raggiungere nuovi obiettivi di controllo del mercato del lavoro, vediamo in che senso si propone di modificarla.

Secondo Guglielmo Epifani "La proposta di Cgil Cisl e Uil è un testo molto buono e molto avanzato. È una mediazione alta e importante". A sostegno di questo approccio inizia ad essere prodotto il primo materiale.

Invece la FIOM dice no al documento di Cgil Cisl Uil sulla contrattazione. Più del 76 % ha votato il documento presentato da Gianni Rinaldini.
Secondo la Rete 28 Aprile "Il documento Cgil, Cisl, Uil sulla riforma della contrattazione è profondamente sbagliato perché di fronte alla catastrofe dei salari italiani, che sono i più bassi tra quelli dei paesi industriali più avanzati, invece che mettere in discussione la politica di concertazione e moderazione salariale che negli ultimi quindici anni ha portato a questo risultato negativo, la ripropone in termini ancor peggiori." ed inizia a produrre il suo materiale.

Dal nostro canto crediamo che i criteri per valutare la bontà o meno di una modifica alla contrattazione dovrebbero essere:
  • il Contratto nazionale deve rafforzare il suo carattere solidale, la sua funzione normativa e salariale a partire dall’obiettivo di incrementare il valore reale delle retribuzioni.
  • Il passaggio alla durata triennale dei Contratti deve prevedere un meccanismo automatico di tutela del salario dall’inflazione.
  • La contrattazione aziendale deve mantenere un carattere acquisitivo senza introduzione di vincoli che ne impediscono la concreta possibilità di intervento su tutto ciò che compone la prestazione lavorativa ed il salario non può avere carattere totalmente variabile.
  • Il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori a decidere la validazione delle piattaforme e degli accordi tramite referendum è la condizione indispensabile per costruire un processo di unità sindacale. Tale diritto deve poter essere esercitato anche in presenza di diverse posizioni tra le organizzazioni sindacali, perchè la democrazia è l’unico modo per evitare accordi separati e far decidere i lavoratori.
Sulla base di queste considerazioni sarà bene valutare l’accordo finale che sarà realizzato.

domenica, maggio 11, 2008

Per l'indipendenza del sindacato dal quadro politico

Intervista a Giorgio Cremaschi di Fabio Sebastiani

Entriamo nel merito, alla fine il contratto nazionale anche se non viene cancellato viene parecchio ridimensionato.

Il documento parte dall'idea, profondamente sbagliata, che i guai ai salari dei lavoratori in questi anni siano venuti perché c'era troppo contratto nazionale. La verità è che ce ne è stato troppo poco, perché il contratto nazionale doveva subire la gabbia della concertazione. Invece che liberare il contratto nazionale dalla concertazione si vuole liberare la concertazione dal contratto nazionale. Nell'Italia delle piccole aziende, del lavoro frantumato e precario, ridurrne il peso significa rompere la solidarietà tra i lavoratori a favore di un'aziendalismo che premierà solo una minoranza.

Aziendalista?

A parole tutti sostengono ora che l'intesa difende il contratto nazionale. Però scopriremo, un minuto dopo che si aprirà il tavolo, che non è così. La Logica di questo documento è la stessa che ha portato all'abolizione della scala mobile; che allora diceva "bisogna ridurre il peso dela scala mobile per avere più contrattazione". Oggi si dice, l'accrescimento del salario avviene solo sul cosiddetto salario per obiettivi. Per capirci, il contratto nazionale non può far crescere i salari. Di più, la premessa ideologica del documento dice che il miglioramento delle condizioni di reddito dei lavoratori si fa attraverso la crescita della qualità e della competitività delle imprese. Quindi, per essere chiari si accetta la politica dei due tempi, prima la produttività e poi i salari. Si accetta lo slogan bipartisan, sostenuto in campagna elettorale sia da Berlusconi sia dal Pd, per cui per distribuire la ricchezza bisogna produrla. In nessun punto del documento si dice o si parla di redistribuzione della ricchezza. Si dice che la contrattazione nazionale dà un minimo e il resto uno se lo deve guadagnare in azienda. Anche la contrattazione territoriale che viene esaltata come stumento per estendere il secondo ilviello di contrattazione a chi non ce l'ha viene stravolta in questa logica e diventa il cavallo ruffiano delle gabbie salaiali. Infatti, in questa logica essa può essere conquistata solo se assorbe da un lato spazio al contratto nazioanale e dall'altro diritti e poteri alla contrattazione aziendale.

La Cgil obietta che almeno ha ottenuto regole democratiche certe.

Penso invece che si vada verso un modello centralizzato e burocratico delle relazioni sindacali e privo di reale democrazia. Perché i contratti nazionali verranno in realtà decisi dalle confederazioni che stabiliranno con le controparti, in quello che negli anni '60 la Cisl chiamava accordo quadro, quale è l'inflazione a cui riferirsi. Il contratto nazionale viene così svuotato, in alto dagli accordi centralizzati a livello confederale e in basso non dalla contrattazione aziendale ma dal salario legato alla produttività e al merito. Chiamo questo il ritorno a una forma di cottimo. Cioè ad un salario che discrimina un lavoratore dall'altro. Infine, voglio sottolineare che il tanto esaltato accordo sulla democrazia è regressivo, rispetto almeno alla cultura della Cgil. Perché si cancella anche l'ipotesi che i lavoratori votino sulle piattaforme; perché la consultazione certificata, che non è il referendum, si fa solo sugli accordi, senza forma di partecipazione al negoziato. E poi perché vengono mantenuti tutti gli inaccettabili privilegi del sindacalismo confederale a partire dalle quote riservate per le Rsu. Il modello è quello che ha portato alla ratifica del luglio 2007.

C'è un filo rosso che lega il clima bipartisan sul lavoro e l'azione che il Pd sta esercitando sulla Cgil?

Il documento è negativo, ma la trattiva che si preapara lo è ancora di più perché nasce su una campagna bipartisan a favore della flessibilità del salario e dei diritti e prefigura un accordo che è solo a perdere. Per dirla in sintesi invece che correggere i danni del '93 si preapara un accordo che li aumenta, con più concertazione e più flessibilità del salario. La Cgil subisce tutta questa impostazione perché è guidata dalla paura dell'isolamento. In questo la situazione è davvero opposta al 2002. Oggi la Cgil firmerebbe il Patto per l'italia e temo che firmi anche un accordo peggiore di quello. Il risultato elettorale è invece il motivo per cui oggi la Cgil dice sono costretta a sedermi con Sacconi e la Marceglia e devo prepararmi ad accettare quello che passa il convento. E' questa paura ciò che produce intolleranza verso la diversità dei comportamenti e il bisogno di normalizzazione. Ma anche per questo dico, questa paura va contrastata. Occorre impedire l'omologazione del sindacato e in particolare della Cgil al quadro politico. Bisogna respingere i tentativi egemonici sulla Cgil da parte del Partito democratico senza riproporre alcun collateralismo politico, neanche con la crisi della sinstra radicale. Il nodo è sindacale, ovvero l'indipendenza del sindacato. Oggi la Cgil paga la mancata autonomia da Prodi. E rischia di farlo nella maniera peggiore di fonte all'attacco della Confidunstria e di Berlusconi. Per questo io vedo la battaglia che si apre prima di tutto come una grande battaglia di autonomia e indipendenza. Come diceva Di Vittorio, dai padroni, dai governi e dai partiti.

su Liberazione del 09/05/2008

venerdì, maggio 09, 2008

Consumi, mai così male da tre anni

Secondo l'ufficio studi di Confcommercio, attraverso il suo indicatore dei consumi, in Italia cede la domanda dei consumatori. A Marzo scorso, in termini di quantità acquistate, il calo è stato dell'1,7% rispetto allo stesso mese del 2007, la flessione più consistente dall'inizio del 2005.
contro corrente satirica






















Non è una novità, è ancora Confcommercio che da mesi dice e scrive cose del tipo:
«Il reddito disponibile delle famiglie non cresce in maniera significativa dal '92. Non vale neppure la pena di ricordare che il reddito disponibile pro capite nel nostro Paese è cresciuto dell'1 per cento dal 1980 al 2006, tuttavia la crescita è concentrata tra il 1980 e il 1992. Dopo 20 anni di tentativi falliti di ripresa, la sensazione d'impoverimento è ormai stabilizzata».

Questi sprazzi di verità ci confortano, soprattutto in questi giorni nei quali si è insediato il nuovo governo presieduto da un bugiardo che poco tempo fa si permetteva, l' 11 febbraio 2004 a Porta a Porta, la seguente affermazione: «II ceto medio consuma più di prima ed è più ricco di prima... 800 mila italiani sono usciti dalla soglia di povertà... c'è stato un arricchimento generale del Paese».

Una sommessa annotazione conclusiva. E' da 17 mesi che Confcommercio si rifiuta di firmare la concessione di 78 (imbarazzanti e per certi versi miserabili) euro di aumento contrattuale legati al rinnovo del contratto nazionale... contribuendo così attivamente a generare l'impoverimento dei sui collaboratori ed il calo dei consumi così ipocritamente registrato..