sabato, marzo 14, 2009

I precari abbandonati

C’è una parte del mondo del lavoro senza tutele e senza rappresentanza: i precari.

Per coprire con una foglia di fico questa vergogna il governo ha deciso di portare dal 10% al 20% della retribuzione annuale, l’indennità una tantum destinata ai parasubordinati che verranno licenziati: si tratta, secondo i calcoli della Cgil di passare da circa 800 a 1600 euro medi (il ministro Sacconi parla di una somma che va da 1000 a 2600 euro). Soldi che questi lavoratori, dopo anni di sfruttamento, riceveranno in un’unica tranche, per rimanere sostanzialmente a piedi per tutti i mesi a venire. Ma non basta, perché i requisiti per poter accedere al sussidio sono molto restrittivi e non saranno affatto tutti gli 836 mila parasubordinati del Paese a ricevere la cifra, ma al massimo un 10% (calcola la Cgil), cioè circa 80-90 mila persone. La cifra stanziata dal governo, d’altra parte, è molto bassa: cento milioni di euro.

L’elemosina è stata raddoppiata, ma resta sempre un’elemosina. Raffaele Bonanni invece plaude al pacchetto del governo e vaneggia: secondo lui «Il dialogo paga».

«Ragionevolmente prorogheremo anche nel 2010 la misura ma attualmente la copertura è per il 2009» dice il Governo, confermando quindi che neppure il nuovo anno porterà la ripresa economica.

Invece ci vogliono ben altre proposte per uscire da questo pantano: innanzitutto il salario sociale per tutti i disoccupati e l’estensione della cassa integrazione a chiunque perda il posto di lavoro, indipendentemente dalla dimensione dell’azienda di provenienza e dalla tipologia contrattuale. E’ l’unico modo per riunificare lavoratori stabili e precari; nessuno deve restare solo nella crisi. In secondo luogo è necessario rilanciare la spesa pubblica con grandi investimenti nella ricerca, nelle tecnologie eco-sostenibili, nei settori ad alta tecnologia, avendo un disegno industriale del nostro paese di lungo respiro, capace di guardare al futuro del Paese. Insomma, l’opposto delle scelte operate da questo governo.

Ma per varare misure così importanti servono risorse, e le risorse non vanno prese dalle tasche dei pensionati o dei lavoratori che in questo caso si dividerebbero reciprocamente la miseria. I costi della crisi devono progressivamente ricadere su chi è più abbiente e su chi finora ha fatto il furbetto. Si può fare con l’aumento delle tasse sopra i 100 mila euro, la patrimoniale, la tassa di successione per i grandi patrimoni, la tassazione delle rendite finanziarie e rilanciando una vera lotta all’evasione. Bisogna fare cioè esattamente come sta proponendo il presidente degli Usa Obama: togliere ai ricchi per dare ai disoccupati, ai precari ed ai cassintegrati.

Qualche forza politica parla di queste proposte e per queste si vuole battere; sta a noi lavoratori scegliere tra la “carità pelosa” di questo governo e la riscoperta della nostra forza, dei nostri diritti e delle vessazioni cui siamo sottoposti.

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